Zanzotto e Comisso, qui lo spiedo è una religione
Da Pieve di Soligo a Valdobbiadene, da Tarzo a Fregona, lo “spèo” è una delle interpretazioni culinarie immancabili. Un tempo riservato al ricchi, adesso rito popolare e amatissimo, nelle case e al ristorante.
Il poeta Andrea Zanzotto ricorda in “Colloqui con Nino” (2005), l’amico contadino “Duca della Rosada di Rolle”, e i “giulivi banchetti” che Nino preparava per sè e per gli amici della sua “corte”: Zanzotto, Giovanni Comisso ed altri. Gli amici dicono che in tale occasione, per onorare lo spiedo, egli si mettesse il vestito scuro di festa e la cravatta. Comisso venne coinvolto con Bepi Maffioli e Gian Antonio Cibotto in una bella impresa letteraria: suo il capitolo Veneto nella raccolta “Lo stivale allo spiedo”, edito da Nanni Canesi.
Comisso scrisse una bellissima pagina che sembra concepita proprio per questo libro: “Placida e limpida abita questa gente nei suoi paesi ad alternare i lavori assidui alle feste. Sono queste feste stagionali una sintesi della vita, entusiaste avide di attesa e di conquista al dischiudersi delle foglie, piene. Solenni e generose al divampare del sole estivo, dolci e malinconiche al declinare dei raccolti e al cadere delle foglie”; lo scrive Danilo Gasparini, storico dell’alimentazione, docente all’Università di Padova e presso il Master in cultura del cibo e del vino all’Università Ca’ Foscari di Venezia e saggista, e lo si può leggere anche sul sito dell’Accademia dello Spiedo di Alta Marca, della quale proprio Gasparini è stato il primo presidente.
Eh già, perché tra Valdobbiadene e Pieve di Soligo, ovvero in quelle che oggi tutti conoscono come le terre e colline del Prosecco, lo spiedo è quasi una religione, una filosofia, un culto e, come tale, meritevole da oltre 15 anni di un’Accademia dedicata, di un sito (www.accademiadellospiedo.com) dove si racconta di corsi di spiedo per aspiranti “menarosti” (quasi 250 i diplomati fino ad oggi), termine che in Veneto identifica chi – per l’appunto – gira e rigira fatti e cose a suo esclusivo vantaggio e interesse, mentre qui chi gira lo spiedo lo fa anche per regalare gioia e felicità agli altri, che dello spiedo stanno in paziente e adorante attesa ( mentre, al contrario, si dice, lo spiedo non aspetta: va divorato subito).
Cosa sia lo spiedo da queste parti e come sia nata questa passione lo spiega Graziano Lazzarotto, consigliere dell’Accademia e coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico della stessa Accademia, che si occupa di valutare e approfondire i vari aspetti della realizzazione dello “speo”, come si chiama in dialetto, a partire dalla tipologia degli ingredienti: “Senza andare troppo lontano, perché gli antenati dello spiedo si perdono nella notte dei tempi, possiamo dire che nei trenta e passa comuni della Pedemontana veneta, lo spiedo è una pratica diffusa e amata da 80 forse 100 anni almeno. Un tempo era roba per ricchi, per i nobili che potevano permettersi una varietà di tagli di carne, compresa la cacciagione, che praticavano, poi è diventato molto più democratico e decisamente popolare”.
E il vero boom è datato agli anni della guerra: “Era una sorta di rito liberatorio, un’occasione di festa – spiega ancora Lazzarotto – che nella zona di Pieve di Soligo ha dato vita, 66 anni fa, al mitico Spiedo Gigante che , all’inizio, era rigorosamente fatto di uccellini, oltre 2mila ogni volta, catturati con il vischio e le reti e sacrificati a fuoco lento sull’altare della gola e della tradizione.
Poi la rivolta degli animalisti ha portato al di vieto di uccellagione e adesso si utilizzano solo quaglie provenienti dagli allevamenti del Veneto. La passione per lo spiedo. in zona, potrebbe essere sintetizzata facendo due nomi, fra i tanti: quello di Poldo, il mae stro, primo coordinatore dello Spiedo Gigante e a lungo gesto re della trattoria Al Castelletto prima della Clemi, a Follina, per il quale lo spiedo era quasi una ragione di vita; e quello di Massimo Foltran, ex professore di enologia a Conegliano, fondatore e gestore della Casa dello Spiedo a Pieve di Soligo, l’enciclopedia della cottura perfetta. Un vero mito del settore.
Claudio de Min (Il Gazzettino, domenica 13 marzo 2022)